Appunti di giustizia predittiva
Recensione al volume “Interpretazione della legge con modelli matematici” di Luigi Viola
Ho appena concluso la lettura del libro “Interpretazione della legge con modelli matematici” di Luigi Viola –edizioni Diritto Avanzato-, e devo confessare che mi ha sorpreso; ho acquistato il testo carico di pregiudizi, e già pregustavo l’opportunità di poterlo confutare in qualche punto, sembrandomi assurdo che un computer possa sostituire un giudice o un avvocato.
Prima di sorridere dell’ipotesi, sappiate che non ha senso interrogarci sul “se” o sul “quando”, ma solo sul ”come” tutto ciò influirà sul nostro lavoro; la giustizia predittiva esiste già ed è applicata (seppur ancora a livello sperimentale) in alcuni ordinamenti come negli Stati Uniti ed in Francia.
Il testo di Viola riporta l’argomento dalla fantascienza allo studio del diritto più tradizionale, tornando alle sue fonti, e addirittura alle preleggi, in particolare all’art. 12, che detta al giurista i criteri di interpretazione della legge, ed in particolare l’ordine di tali criteri: interpretazione letterale, interpretazione teleologica, analogia legis e analogia iuris. Ognuno di tali criteri è suppletivo del precedente, ossia è applicabile solo quando il criterio che lo precede non ha portato a risultati certi. L’operazione dell’interprete che applica prima l’interpretazione letterale, e che se questa non funziona si passa via via alle successive, può essere sintetizzata graficamente con un diagramma di flusso, e matematicamente con un banale algoritmo, che altro non è che una sequenza ben precisa di operazioni. Ovviamente il diritto non ha la stessa certezza della matematica, per cui (in base al noto principio tot capita, tot sententiae) anche l’applicazione di uno stesso criterio può dare esiti diversi.
Anche questa circostanza può essere tradotta in linguaggio matematico, inserendo nell’equazione come +1 ogni argomento a favore di una determinata tesi, e come “-1” ogni argomento contrario: all’esito del bilanciamento tra argomenti, si saprà qual è l’argomento prevalente. Se ci si pensa, è quello che facciamo normalmente noi avvocati (e anche i giudici) quando facciamo una ricerca negli archivi di giurisprudenza per argomento: sfogliando (più o meno rapidamente…) le massime, riusciamo a individuare qual è l’orientamento prevalente, ed anche a individuare qual è l’argomentazione più pregnante, specie quando dobbiamo difendere l’orientamento minoritario.
L’algoritmo è stato testato da Viola analizzando alcuni orientamenti giurisprudenziali dubbi, giungendo a prevedere l’orientamento nomofilattico delle Sezioni Unite, prima della sentenza “vera”.
Se ve lo state chiedendo, l’autore non ha utilizzato un software vero e proprio, ma si è limitato ad utilizzare l’algoritmo (che può essere ridotto ad una banale equazione con carta e penna), ma analizzando gli argomenti giurisprudenziali pro e contro con l’occhio del giurista, fino a ridurli a termini di un’equazione, per poi svolgere quest’ultima. Ovviamente negli ordinamenti in cui questo viene effettivamente utilizzato si adoperano i più avanzati sistemi di machine learning e big data, per tradurre in linguaggio logico il linguaggio giuridico di un numero altissimo di testi di legge, sentenze, contratti etc. etc. Nell’ipotesi di Viola è stato lui stesso a tradurre in termini matematici gli argomenti delle varie sentenze, nell’applicazione concreta sarà un software (con istruzioni inizialmente fornite anche da un giurista) a leggere, e soprattutto continuare a leggere, le varie sentenze ed i testi di legge.
A vederla “in funzione” -cioè a seguire passo per passo lo svolgimento dell’equazione in casi reali- l’algoritmo è, dal punto di vista del giurista, di una banalità disarmante eppure geniale insieme, seppur ha ovviamente dei limiti intrinseci: la sua applicabilità nel diritto penale (per la minore applicabilità dell’analogia) e la difficoltà operativa nei casi in cui vengano in soccorso dell’interprete le cd. clausole generali (come ad es. la buona fede) in cui l’estrema soggettività dell’interpretazione rende difficile la trasposizione di un argomento in termine di un’equazione.
A monte di tutto ciò, lo stesso autore avverte più volte che tutto questo sistema può essere solo di supporto al giurista, e in sua sostituzione (lo dico per chi già teme per la propria professione, già a rischio per mille motivi).
Non ho alcun dubbio che, come già visto con il processo telematico e tutti gli strumenti che comporta, anche la giustizia predittiva verrà a breve utilizzata nel nostro ordinamento (la Corte d’Appello di Brescia ha già avviato una sperimentazione in tal senso), e per questo dicevo che non ha senso interrogarsi sul “se” o sul “quando” ciò avverrà, perché sarà qualcosa con cui tutti noi avremo a che fare a breve, per cui meglio essere preparati.
Tuttavia alcuni dubbi mi rimangono, e voglio farvene un esempio concreto: poniamo che in un universo alternativo i software di giustizia predittiva siano quotidianamente in uso da 30 anni, e senza contestazione alcuna; in un universo del genere, quel capolavoro di sentenza che è la SSUU 550/99 sulla risarcibilità degli interessi legittimi, che tutti noi abbiamo dovuto studiare all’università, non avrebbe visto la luce, o meglio non l’avrebbe vista in quel momento ed in quel contesto, in cui gli argomenti assolutamente prevalenti andavano in senso decisamente contrario, e gli ermellini hanno avuto decisamente coraggio a scrivere quello che sarebbe diventato un nuovo caposaldo del nostro ordinamento, e non un semplice revirement; naturalmente potrei fare altri mille esempi (magari qualcuno si ricorda dei “pretori d’assalto” degli anni ’70), ma questo è il primo che mi è venuto in mente
Ecco, il mio dubbio è che, con l’applicazione della giustizia predittiva, possa venire a mancare la funzione creatrice ed evolutiva della giurisprudenza più illuminata, in favore di una giustizia più performante e funzionale.
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