Il MEF e la Piattaforma dei Crediti Commerciali, ovvero quando il Comune non paga le fatture

Quando un libero professionista come un avvocato (ma il discorso vale anche per le ditte di fornitura di beni) fornisce servizi ad un ente locale o altra Pubblica Amministrazione, è obbligato a fatturare in anticipo per l’opera prestata, ma senza sapere con certezza quando e se si verrà  pagati. Nella normalità dei casi non passano mai meno di 90 gg dalla scadenza della fattura, ma più spesso si parla di mesi.

 

A volte, infine, i rapporti tra professionista ed Ente diventano talmente tesi che un credito sicuro verso la PA (che dovrebbe essere sempre solvibile per definizione) diventa un credito inesigibile, rientrando a pieno titolo tra i NPL, o Non Performing Loans, come direbbero i tecnici, o meglio Gente Che Non Paga, come direbbe qualcun altro.

 

Che fare?

 

Ci sono tre strade:

 

1) l’esecuzione ordinaria, quindi ottenere un decreto ingiuntivo basato sulla fattura scaduta, quindi chiedere l’apposizione della formula esecutiva, poi notificare il titolo esecutivo, quindi notificare il precetto, e poi optare per una delle forme di pignoramento, ammesso di trovare qualcosa di realmente pignorabile, con tutte le eccezioni a favore della PA, e con spese vive ad ogni passaggio.

 

2) ricorso in ottemperanza presso il TAR, che, verificata la situazione, nominerà un commissario ad acta che pagherà la fattura.

 

Questi due rimedi hanno in comune molte caratteristiche negativa, tra cui ricordiamo:

 

comportano molte spese da anticipare

 

non garantiscono in assoluto il pagamento, ma soprattutto

 

costituiscono un’azione giudiziaria contro il tuo stesso cliente.

 

Questo è un grosso problema soprattutto per gli avvocati, che per deontologia dovrebbero rinunciare al mandato prima di tentare un’azione del genere, senza contare che di solito nel “disciplinare” con l’Ente è sottinteso che nel caso di azione contro l’Ente l’avvocato viene depennato dall’elenco dei legali del libero foro, e non soltanto per la singola azione, ma per sempre. Inoltre spesso la fattura inevasa corrisponde all’anticipo, e l’avvocato non vuole rinunciare del tutto all’incarico, che potrebbe rivelarsi remunerativo nel lungo periodo. E allora che fare?

 

Dopo vari tentativi di contatti diretti sociali/politici/raccomandazioni o millantato credito (ovviamente sto scherzando!) e dopo aver esaurito la pazienza c’è una terza via, che potrete percorrere senza tema di violare né la deontologia né il disciplinare, perché è un rimedio assolutamente stragiudiziale:

 

il riconoscimento dei crediti commerciali sulla piattaforma PCC del MEF (il Ministero dell’Economia e delle Finanze), che si può raggiungere cliccando qui .

 

Molto brevemente:

 

1) vi accreditate sulla piattaforma come fornitore di beni o servizi della PA (gli avvocati ed i liberi professionisti devono prima farsi riconoscere “de visu”, ossia fisicamente, presso un ente locale o presso la Ragioneria dello Stato, non chiedetemi perché);

 

2) inserite la fattura inevasa

 

3) fate un ‘istanza di certificazione della suddetta fattura.

 

A questo punto il MEF innanzitutto certifica il credito, quindi “bacchetta” virtualmente l’Ente, chiedendogli conferma della fattura ed imponendogli di fissare un termine esatto per il pagamento, lungo quanto vuole, ma esatto al giorno.

 

Già la certificazione ha un suo peso, in quanto (se l’imponibile è rilevante) può valere come garanzia da esibire per un finanziamento, per esempio.

 

Se alla data designata dall’amministrazione la fattura non è ancora stata pagata il professionista, a sua scelta, può utilizzare il credito vantato per compensare debiti a sua volta vantati dall’erario, oppure può chiedere… la nomina di un commissario ad acta che paghi per l’Ente! Il risultato finale come si vede è simile a quello ottenibile con un ricorso per ottemperanza, ma con importantissime differenze:

 

1) è gratis;

 

2) non è considerato rimedio giudiziario, quindi è esperibile senza tema di interrompere i rapporti commerciali, o di essere cancellati dagli elenchi, o magari di subire un procedimento deontologico;

 

3) non è necessario essere un avvocato amministrativista per farlo, potendo farlo qualunque libero professionista autonomamente;

 

4) è gratis (l’avevo già detto?).

 

Nella pratica la relativa difficoltà è paragonabile a quella di emettere una fattura telematica tutta da soli: la prima volta ci vorranno giorni e farete tanti errori, poi, con un po’ di tempo, cervello e pazienza, è banale inserimento dei dati.

 

C’è di buono che (a differenza delle fatture telematiche) c’è un ottimo servizio assistenza telefonica (numero verde) che risponde al telefono in tempi relativamente brevi e risolve i problemi, e da questo punto di vista un plauso al MEF.

 

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Commenti: 1
  • #1

    Giovanni Chiricosta (lunedì, 26 luglio 2021 12:59)

    Mi accorgo di aver scritto una grave inesattezza: il commissario ad acta NON paga
    la fattura, ma emette la certificazione del credito del credito, con un termine per il pagamento (non superiore all'anno dall'istanza). Se non si vuole attendere l'anno, il credito può essere ceduto o anticipato da banche e/o intermediari finanziari

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