Fine della mediazione obbligatoria, l'ADR all'italiana

   La Corte Costituzionale ha sancito l'incostituzionalità per eccesso di delega della norma che prevedeva l'obbligatorietà del ricorso al mediatore, prima di poter adire la giustizia ordinaria. Ciò rappresenta l'inevitabile esito di una battaglia che ha visto in prima fila noi avvocati non tanto contro l'istituto (di cui anzi si sentiva la mancanza nel nostro ordinamento) quanto dell'obbligatorietà dello stesso, che ne costituiva uno snaturamento.

 

   La mediazione è un tipico esempio di ADR, ossia Alternative Dispute Resolution, uno strumento di risoluzione delle controversie alternativo alla giustizia ordinaria e fondato sulla volontà delle parti.

 

   Data questa premessa, parlare di obbligatorietà del ricorso preventivo alla mediazione come unica strada per accedere alla giustizia era una vera e propria contraddizione in termini, dato che non poteva dirsi nè "volontaria" nè "alternativa". Ciò era dato soprattutto dallo scopo del legislatore, che non era quello di offrire uno strumento in più ai cittadini in cerca di giustizia, quanto deflazionare il carico dei tribunali.

 

   Nella realtà di tutti i giorni chi vuole risolvere in  modo alternativo le proprie controversie ha sempre dei sistemi, e se ha deciso di citare qualcuno in Tribunale lo farà comunque, affrontando la mediazione obbligatoria come una inutile perdita di tempo, col risultato finale che il carico di lavoro dei tribunali non è stato deflazionato, mentre gli utenti del sistema giustizia hanno perso tempo e denaro.

 

   La fine dell'obbligatorietà non segnerà la fine della mediazione, che anzi recupera i caratteri di sistema volontario e alternativo alla giustizia ordinaria, come del resto nei paesi anglosassoni dove funziona benissimo, anche se naturalmente in questa fase di transizione i centri di mediazione potrebbero rivelarsi in troppi, e partirebbe una concorrenza spietata (a tutto vantaggio degli utenti).

 

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