INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO IN CHEMIOTERAPIA: COSA FARE IN CASO DI NEGATO ASSEGNO?

Indennità di accompagnamento in chemioterapia: cosa fare in caso di negato assegno?

 

L’indennità di accompagnamento è una prestazione economica, erogata a domanda, in favore dei soggetti mutilati o invalidi totali per i quali è stata accertata l’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure l’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita. L’indennità di accompagnamento è inoltre indipendente dall’età e dalle condizioni reddituali, ma richiede ulteriori requisiti, quali:

 

 riconoscimento di totale inabilità (100%) per affezioni fisiche o psichiche;

 

impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore, ovvero impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vita e la conseguente necessità di un'assistenza continua;

 

cittadinanza italiana;

 

per i cittadini stranieri comunitari: iscrizione all’anagrafe del Comune di residenza;

 

per i cittadini stranieri extracomunitari: permesso di soggiorno di almeno un anno di cui all’art. 41 TU immigrazione;

 

residenza stabile ed abituale sul territorio nazionale.

 

Secondo la giurisprudenza (v. Cass. Civ. 1705/1999) tale forma di compensazione spetta anche ai soggetti in chemioterapia o radioterapia, perché tali trattamenti, seppur per un periodo transitorio, hanno effetti tali sul paziente da impedirgli o rendergli estremamente difficile compiere gli atti più elementari della vita quotidiana senza l’ausilio di un accompagnatore o “caregiver”, che è proprio la ratio dell’indennità di accompagnamento.

 

Stante la variabilità delle terapie, l’assegno di accompagnamento può essere concesso anche per periodi brevissimi di terapia (anche un solo mese) dato che la legge non prevede un termine minimo di durata del beneficio.

 

Ovviamente l’assegno non è automatico -anche perché nel caso concreto la chemioterapia potrebbe non avere affetti così negativi sulla vita quotidiana del paziente- quindi la concessione del beneficio seguirà la normale trafila burocratica: richiesta al proprio medico di un certificato medico introduttivo, quindi richiesta telematica all’INPS (allegando ovviamente tutti i certificati del caso), in proprio o a mezzo di un patronato (caldamente consigliato).

 

L’INPS nomina una commissione medica che analizza il caso, studia la documentazione e soprattutto visita personalmente il paziente, quindi dichiara la percentuale di inabilità e se concedere o meno il beneficio.

 

Nel caso in cui l’indennità di accompagnamento venga negata, l’unica strada è rivolgersi ad un avvocato, che dovrà richiedere al Tribunale del Lavoro un ATP (Accertamento Tecnico Preventivo), con cui il giudice, in contraddittorio con l’INPS, nomina un CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio), ossia un medico legale terzo e imparziale, che visiterà nuovamente il paziente e accerterà la sussistenza o meno dei requisiti richiesti per la concessione del beneficio (nel caso di pazienti radio/chemioterapici normalmente il beneficio viene concesso in corrispondenza della terapia, cioè per gli stessi mesi e frazioni di mesi, e fino alla fine della stessa).

 

 

La consulenza finale verrà quindi omologata dal Giudice con apposito provvedimento che il legale dovrà notificare all’INPS, che –se non si opporrà, aprendo un’altra e diversa fase giudiziale- liquiderà quanto spettante nel termine di 120 giorni.

 

Naturalmente il nostro studio è disponibile e competente a consulenze e pareri su questo argomento.

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