Come dare valore di prova legale ad una e-mail o ad una pagina web?

L’utilizzo della rete ha permesso l’espandersi della creatività anche riguardo alla commissione dei reati, che sempre più spesso  si verificano proprio sul web. Senza voler arrivare a casi estremi, pensiamo al caso frequentissimo di ingiurie, offese o minacce pervenute via web.

 

Come provare in giudizio le offese ricevute?

 

La prima tentazione sarebbe semplicemente quella di stampare quello che compare a schermo (per chi ancora non lo sapesse, con la combinazione di tasti CTRL + stamp e poi CTRL + v potete copiare, incollare e poi stampare praticamente qualunque cosa compare sullo schermo, anche un fotogramma di un video), ma questo in un processo quel foglio di carta avrebbe uno scarsissimo valore probatorio, perché alla controparte basterebbe disconoscerlo, affermando che si tratta di una copia costruita ad arte, operazione che oggi è alla portata di chiunque.

 

Oppure potreste pensare di salvare la pagina web in formato HTML; ciò si scontra con tre problemi: il principio generale di tipicità delle prove (il giudice potrebbe rifiutare la produzione del file HTML, e col nuovo processo civile telematico è tecnicamente impossibile); la pagina web, nel frattempo, potrebbe essere stata cancellata o modificata; anche il file HTML da voi prodotto potrebbe essere frutto di una manomissione (modificare il codice HTML è più semplice di quanto si pensi).

 

E allora?

 

Ci sono due strade, che non sono alternative tra loro, ma che possono essere utilizzate contemporaneamente.

 

Una è quella di aprire la pagina web incriminata (un blog, un profilo facebook, una mail) davanti ad un testimone, che dovrà garantire il contenuto di quanto da lui visionato in quel momento. A quel punto avrete a disposizione una prova tipica, che potrete (in effetti dovrete) integrare con lo stampato della pagina.

L’ideale sarebbe che il testimone sia un Notaio (con tutt’altra spesa, mi rendo conto), che scarica e stampa personalmente la pagina da voi richiesta, autenticandone anche l’indirizzo IP, data e ora di download, e la corrispondenza tra la copia cartacea e quanto visto in quel momento,  e avrete una copia certa, anche se nel frattempo l’autore cancella la pagina.

 

Un’alternativa (o meglio ancora da utilizzare contemporaneamente, viste le difficoltà di produzione di un file HTML) è avvalersi di un servizio di hashing. L’Hash è una sorta di autenticazione digitale che afferma che una pagina web corrisponde alla copia fornita, ed era realmente esistente al momento dell’acquisizione.

 

Funziona così: una volta individuata la pagina che volete conservare come prova, collegatevi al sito https://www.hashbot.com/ oppure http://www.fawproject.com/ , ed inserite l’indirizzo IP che volete salvare (ossia tutto quello che compare nella barra degli indirizzi, per esempio https://studiochiricostacrea.jimdo.com/scrivere-diritto/ ) e il vostro browser (ossia Internet Explorer, Firefox etc.), quindi continuate a seguire le istruzioni. Riceverete una cartella con una copia HTML della pagina ed un file di testo con i codici di convalida della pagina (i cosiddetti Hash, per l’appunto). A quel punto avrete una prova che potrà superare anche la perizia di un tecnico informatico, il quale potrebbe verificare non solo la corrispondenza esatta tra i codici di convalida e la pagina HTML prodotta, ma (collegandosi al sito https://www.hashbot.com/ oppure http://www.fawproject.com/, a seconda del servizio utilizzato) potrà farlo anche se nel frattempo la pagina originale sia stata rimossa.

 

Questo sistema, però, funziona solo con le pagine web. Per quanto riguarda le mail, l’unico sistema (oltre a visualizzarla insieme ad un testimone o ad un notaio) è salvare la mail in formato  .eml  (basta fare il comando “salva” su qualunque software di posta elettronica), oltre naturalmente a stamparla, e avrete a disposizione l’”header” della mail, data e ora di invio, e soprattutto indirizzo IP da cui è stata mandata, cosa che potrebbe consentire ad un tecnico di risalire all’autore.

 

Ed i messaggi su WhatsApp?

 

Per le conversazioni su WhatsApp il problema è molto diverso, perché mentre è relativamente semplice salvarne una copia, per convalidarne il contenuto (oltre a mostrarlo ad un notaio) l’unico sistema è consegnare fisicamente il cellulare ad un tecnico informatico. Estrarre una copia, invece, è molto più semplice. Oltre a salvare una copia di backup, infatti, whatsapp consente di inviare ad un indirizzo mail (per esempio il nostro) un file di testo che riporta la conversazione ed i dati essenziali (numeri, nomi, data e ora), mentre gli allegati conservano il loro formato originale.

 

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Commenti: 4
  • #1

    Diego Giorio (lunedì, 03 aprile 2017 08:19)

    Tutto vero, ma aggiungo che anche altri pubblici ufficiali, oltre ai notai, sono in grado di autenticare le copie, digitali e non. Purtroppo non sono molti quelli tecnicamente e giuridcamente preparati a farlo (inclusi i notai). Se interessa c'è un mio articolo in proposito su Lo Stato Civile Italiano di un paio d'anni fa.

  • #2

    Avv. Matteo Marconcini (mercoledì, 05 aprile 2017 08:46)

    Al Notaio è ietato precostituire mesi di prova da utilizzare in una futura sede civile. Vi è una espressa norma.

  • #3

    Avv. Giovanni Chiricosta (mercoledì, 05 aprile 2017 16:42)

    Eccezione interessante. A parte il fatto che questo principio è stato "demolito" dalla giurisprudenza (per es. Cass. Civ. 2021 del 1982) e dallo stesso CNN (studio CNN n. 432/2012) la norma cui fa riferimento il collega (RDL 1666/1937), oltre ad essere considerata una norma di sistema, fa riferimento alle prove tipiche, per escludere che il notaio si possa sostituire al giudice nel ruolo di formazione della prova (basti pensare alla testimonianza orale).
    Invece le dichiarazioni di scienza effettuate davanti al notaio non integrano una prova documentale tipica, nè sono soggette alle norme del codice di procedura civile, e non c'è ragione per cui il notaio debba rifiutarsi di raccogliere in un verbale una dichiarazione di scienza del tipo trattato nell'articolo.

  • #4

    Paolo (domenica, 11 marzo 2018 20:11)

    A fini processuali civili, il servizio di "hasching" per autenticare una pagina web può non servire veramente a niente . Daltronde persino una perizia stragiudiziale di un ingegnere informatico che argomenti la corrispondenza dei contenuti tra una copia cartacea di una pagina web e una pagina web visibile in internet può non servire a niente agli stessi fini. Tali strumenti, anche per la giurisprudenza civile più aperta alle prove atipiche, non sono nient'altro che "dichiarazioni scritte del terzo insinuate in atti di causa da una delle parti", dotate solo di valore "indiziario"; e come tutti sanno un indizio da solo non fa una prova.

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